lunedì 29 ottobre 2012

The Art of Fielding (L'Arte di Vivere in Difesa)



Titolo: L’Arte di Vivere in Difesa
Autore: Chad Harbach
Pag 512
Casa Editrice Rizzoli 2012

Per chi: è in uno di quei periodi della vita un po’ così, in cui scomponi pezzo per pezzo tutti i gesti e le azioni del passato alla ricerca di un bandolo della matassa che il più delle volte ti sta penzolando davanti al naso.

“Dopo ogni scatto tornava alla sua posa felina, con le dita del piccolo guantone che sfioravano la terra rossa. Prese con la mano nuda una palla lenta e rasoterra, e la scagliò con forza in prima base. Fece un salto per afferrarne al volo una dritta e veloce. Il sudore gli colava lungo le guance mentre fendeva l’aria densa e appiccicosa. Anche nel pieno dell’azione il viso conservava un’espressione indifferente, quasi annoiata: quella di un virtuoso alle prese con le scale. Non poteva pesare più di cinquantacinque chili. Quali fossero i suoi pensieri – ammesso che ne avesse dietro quello sguardo vacuo – Schwartz non avrebbe saputo dirlo. Gli venne in mente un verso sentito durante il corso di poesia della professoressa Eglantine: Senza espressione, esprime Dio.”

L’Arte di Vivere in Difesa è il percorso che comincia quando Henry sbaglia il suo primo tiro, Pella torna a casa dopo un matrimonio fallito, Schwartz impazzisce di rabbia e il rettore Affenlight si abbandona a un amore impossibile. Perché è questo che succede quando i sogni si incrinano e il resto del mondo va in pezzi come un domino impazzito; e forse è quello che succede anche quando si ha talmente paura di perdere il proprio talento che si finisce per perderlo punto e basta, annegandolo negli ostacoli della vita di tutti i giorni, rinunciando a proteggerlo ed iniziando, per l’appunto, a vivere in difesa. Che poi è come dire vivere soli, ritirarsi dalla partita e stare seduti in panchina finché è possibile, finché quello che si vede (il mondo come avremmo potuto viverlo) non fa troppo male. Però poi c’è l’Arte. Perché si può scegliere di difendere i propri sogni senza giri di parole, vivendoli con autentico trasporto come Owen, infischiandosene di quello che dicono o pensano gli altri perché l’importante è sognare, volare alto sui giudizi degli altri e vada come vada poter dire a voce alta che ci abbiamo provato davvero.


Gusto: una bibita gassata dolce da succhiare attraverso la cannuccia, il sapore sintetico di una pastiglia sotto la lingua
Olfatto: l’odore del sudore negli spogliatoi, il profumo delle foglie secche in autunno,  l’asfalto umido dopo la pioggia
Tatto: ruvido come la suola di una scarpa consumata dopo una stagione di baseball
Vista: campi da baseball, piccole camere spoglie, piccole cose
Suono: Impossibile – Shout Out Louds

Underworld

Titolo: Underworld
Autore: Don De Lillo
Pag 880 (ma non scoraggiatevi)
Einaudi 1999

Per chi: mette la Storia sul piedistallo, ma allo stesso tempo vuole saperne tutti gli scheletri nell'armadio.

"Parla la tua lingua, l'americano, e c'è una luce nel suo sguardo che è una mezza speranza. È un giorno di scuola, naturalmente, ma lui non c'è proprio, in classe. Preferisce star qui, invece, all'ombra di questa specie di vecchia carcassa arrugginita, e non si può dargli torto – questa metropoli di acciaio, cemento e vernice scrostata, di erba tosata ed enormi pacchetti di Chesterfield di sghimbescio sui tabelloni segnapunti, con un paio di sigarette che sbucano da ciascuno. Sono i desideri su vasta scala a fare la storia. Lui è solo un ragazzo con una passione precisa, ma fa parte di una folla che si sta radunando, anonime migliaia scese da autobus e treni, gente che in strette colonne attraversa marciando il ponte girevole sul fiume, e sebbene non siano una migrazione o una rivoluzione, un vasto scossone dell'anima, si portano dietro il calore pulsante della grande città e i loro piccoli sogni e delusioni, quell'invisibile nonsoché che incombe sul giorno – uomini in cappello di feltro e marinai in franchigia, il ruzzolio distratto dei loro pensieri, mentre vanno alla partita."

Un libro bellissimo, pieno di incredibili intuizioni, intrecciato senza apparente filo dipanatore. Ma il nesso c'è ed è una pallina da baseball che passa tra innumerevoli mani sciogliendo il groviglio di anni,mesi, giorni dell'America del dopoguerra. Underworld perché è un mondo nascosto quello che viene raccontato, il mondo che sta sotto la nostra pelle, sotto le nostre coscienze. È il mondo delle fobie e dei desideri inconfessati, dei feticci e delle manie, un mondo fatto da immagini,come iconografiche, e da rifiuti.


  • Gusto: una tazza di caffè americano, patatine fritte, hamburger untuosi, gelatine alla frutta.
  • Olfatto: odora come un fast food, una tavola calda con le cameriere in livrea bianca e rosa.
  • Tatto: impalpabile come un unico filo di seta, eppure resistente come le cuciture intrecciate su una pallina da baseball.
  • Vista: cartelloni pubblicitari, grattacieli e highway, fabbriche e stadi, bunker antiatomici e archivi di files segreti.
  • Suono: i Rolling Stones e jingle pubblicitari; il rumore del traffico e di una folla allo stadio durante una partita; ninnananne ripetute all'infinito di madre in figlia, che liberano le parole dei loro significati e gli restituiscono il loro puro suono.

I Vagabondi Del Dharma



Titolo: I Vagabondi Del Dharma
Autore: Jack Kerouac
Pag 259
Edizioni Oscar Mondadori 1961

Per chi: vuole ricevere illuminazioni vivendo disordinatamente hippy, barcamenandosi tra viaggi su treni merci, verità zen, folli notti di sesso e droghe e meditazioni nei boschi.

"...è un mondo pieno di nomadi col sacco sulle spalle, Vagabondi del Dharma che si rifiutano di aderire alle generali richieste ch'essi consumino prodotti e perciò siano costretti a lavorare per ottenere il privilegio di consumare tutte quelle schifezze che tanto nemmeno volevano veramente come frigoriferi, apparecchi televisivi, macchine, almeno macchine nuove ultimo modello, certe brillantine per capelli e deodoranti e generale robaccia che una settimana dopo si finisce col vedere nell'immondezza, tutti prigionieri di un sistema di lavora, produci, consuma, lavora, produci, consuma, ho negli occhi la visione di un'immensa rivoluzione di zaini migliaia o addirittura milioni di giovani americani che vanno in giro con uno zaino, che salgono sulle montagne per pregare, fanno ridere i bambini e rendono allegri i vecchi, fanno felici le ragazze e ancor più felici le vecchie, tutti Pazzi Zen che vanno in giro scrivendo poesie che per puro caso spuntano nella loro testa senza una ragione al mondo e inoltre essendo gentili nonché con certi strani imprevedibili gesti continuano a elargire visioni di libertà eterna a ognuno e a tutte le creature viventi..."

Il modo di scrivere di Kerouac é la vita stessa così come la conosciamo, senza interruzioni. Fiumi di pensieri che seguono o non seguono i canonici letti in cui dovrebbero scorrere eppure ripassano su tutti i più importanti temi cari all'uomo: la vita, la morte, l'amore, il viaggio,il perché delle cose e di noi. Ma a volte le domande vanno solo vissute."Il cielo è blu perché tu vuoi sapere perché il cielo è blu".


  • Gusto: tè verde e squisite focaccine di granturco, cipolle tritate e sale .
  • Olfatto: odora di torta di mele e di LSD.
  • Tatto: ruvido come juta, è pelle che scorre sotto i polpastrelli in una notte di sesso, è il velluto a coste di pantaloni a zampa
  • Vista: forme geometriche sulle pareti di una casa anni '70, treni merci, il gran canyon e i su é i giù di San Francisco.
  • Suono: un gong scoccato in una festa di baccanti nel bosco, i Pink Floyd, i Doors, gli Sleepy Sun, un assolo di Hendrix,la voce roca dopo alcol e fumi di Janis Joplin. Ma soprattutto la sregolatezza del jazz.

Nelle terre estreme



Titolo: Nelle terre estreme
Autore: Jon Krakauer
Pag: 266
Edizioni Corbaccio 1996

Per chi: si sente di appartenere ad un mondo scandito da albe e tramonti e non dall'ora della sveglia o dell'happy hour; per chi vive ricercandosi in luoghi che non ha mai visitato, dentro e fuori di se'; per chi si sente bene solo quando non possiede nulla.

"Due anni lui gira per il mondo: niente telefono, niente piscina, niente cani e gatti, niente sigarette. Libertà estrema, un estremista, un viaggiatore esteta che ha per casa la strada. Così ora, dopo due anni di cammino arriva l'ultima e più grande avventura. L'apogeo della battaglia per uccidere il falso essere interiore, suggella vittoriosamente la rivoluzione spirituale. Per non essere più avvelenato dalla civiltà lui fugge, cammina solo sulla terra per perdersi nella natura selvaggia. (Christopher McCandless)"

Krakauer,alpinista professionista, nel 1992 s'imbatte nella notizia della morte di un ragazzo, che come lui, nella vita ricercava la purezza assoluta. Ne rimase ossessionato: così e' stato anche per me. Chris McCandless ha realizzato in concreto tutte quelle pulsioni che attanagliano gli insoddisfatti della vita moderna. La Realtà non è ha niente a che fare con la vita che noi viviamo tutti i giorni. Andare a cercarla è il mio più intimo desiderio. Ed in quest'ottica la morte non fa più paura, perché non è più interruzione, bensì parte di quella stupenda impresa che è vivere.

Ogni volta che rileggo parti del libro o vedo il film ne rimango intrappolata. Mi sono ritrovata a baciarne le pagine. È un po' come aver ritrovato propri pensieri resi su carta, ed è la sensazione che si auspica un libro possa sempre dare al lettore.


  • Gusto: ha il gusto di bacche selvatiche amare, il sapore di quando ci si mette in bocca una manciata di neve.
  • Olfatto: odora di polvere del deserto, di pioggia estiva, profuma di vento.
  • Tatto: scivoloso e morbido come muschio, è un libro-callo sulla propria mano.
  • Vista: è un fiume che scorre dalle vette al mare,libero; è sacro come la cima di una montagna come il Devil's Thumb, o l'Himalaya,come il Machu Pichu
  • Suono: é il sibilo della natura che ci dice di fuggire sempre via, di vedere altro mondo, altri se'.

sabato 27 ottobre 2012

Shantaram



Titolo: Shantaram
Autore: Gregory David Roberts
Edito da: Neri Pozza
Pagine: 1174

Per chi: Vuole vivere per un po' in India, in quella vera, e scoprire che ne rimarrà estremamente sorpreso.

"Ho impiegato molto tempo ed ho girato quasi tutto il mondo per imparare quello che so dell'amore, del destino, delle scelte che si fanno nella vita. Per capire l'essenziale però mi è bastato un istante, mentre mi torturavano legato a un muro"

"La semplice e sorprendente verità sull'India e gli indiani è che quando sei lì, e tratti con loro, il cuore ti guida sempre più saggiamente della testa. Non c'è posto al mondo in cui questa verità sia più evidente.....Perchè gli indiani sono capaci di urlare con gli occhi."

Shantaram, uomo di pace, uomo della pace di Dio.
Questo libro è decisamente uno dei migliori che abbia mai letto, e sarà incredibilmente difficile, se non impossibile, scriverne a riguardo.

Storia di vita vissuta dell'autore, Gregory David Roberts, che dopo essere evaso di prigione in Australia, si è rifugiato a Bombay per cominciare una nuova vita.
Oltre alla sorprendente serie di accadimenti della vita di quest'uomo che determinano la trama del libro (che da fuggitivo va a vivere in uno slum di Bombay e ne diventa medico, per finire a combattere in 2 guerre in Afghanistan e Pakistan, dopo aver recitato a Bolliwood), il libro è prezioso, ricco, profumato, colorato...è pieno da ogni punto di vista.

Le descrizioni dell'India, con i suoi lati buoni, che magari tutti conosciamo, e con quelli cattivi, a cui la maggior parte dei lettori è estranea, ti fanno sentire i profumi ed i sapori di quel paese, ma soprattutto ti fanno sentire l'amore.
Perchè Shantaram è una storia d'amore, inteso in tutte le sue declinazioni. L'amore per la vita, e anche per la morte, l'amore per una donna, l'amore per un amico, per un padre, per un paese, per il proprio futuro ed il proprio passato.L'amore per la conoscenza, per la "verità". L'amore per se stessi.

"Lin, un uomo deve trovarsi una brava donna, e quando la trova deve conquistare il suo amore. Poi deve conquistare il suo rispetto. Poi deve nutrire la sua fiducia. Poi deve continuare così tutta la vita. Finchè uno dei due muore. Tutto qui...Ecco cos'è un uomo yaar...fino a quel momento non sei un vero uomo".

Un confronto continuo tra la cultura occidentale australiana e quella orientale indiana, raccontate con emozione e profondità, da un uomo che ha avuto il coraggio di aprirsi all'altro, al diverso, e non ha avuto paura di porsi delle domande.

Perchè "Se il fato non ti fa ridere, vuol dire che non hai capito la barzelletta!".



  • Gusto: Butter Naan e Chicken Tandoori, con un Lassi salato e un gulab jamun per addolcire.
  • Tatto: Sabbia, finissima e bianca, che ti scivola tra le dita, veloce
  • Olfatto: Odore di frutta marcia, di fogna, di mare sporco, di terra secca e di spezie profumate.
  • Udito: Silenzio, credo di si....silenzio totale, per sentire il rumore delle strade con le mucche, i Rickshaw e i carretti.
  • Vista: Giallo Ocra, un colore, per riunire tutte le immagini di questo libro.



lunedì 22 ottobre 2012

Walden, vita nei boschi




Titolo: Walden, vita nei boschi
Autore: Henry Thoreau
Bur Rizzoli 1988
Pag 416

Per chi: vuole perdersi nella natura per ritrovare infine la propria vera natura.


"Il vero raccolto della mia vita quotidiana è qualcosa di altrettanto intangibile e indescrivibile dei colori del mattino e della sera. È un po' di polvere di stelle afferrata – un segmento di arcobaleno che abbiamo preso con una mano."


L'autobiografia di due anni di vita dell'autore trascorsi nei boschi.

Di cos'altro si ha bisogno se non di stare a guardare lo spettacolo del mondo? È da questo osservare la vera natura delle cose,incontaminata, che ci scaturisce una profonda consapevolezza su chi siamo noi e quale sia il nostro scopo.
Henry Thoreau, a più di cento anni di distanza, (nel 1854 vi è stata la pubblicazione, ma gli eventi sono precedenti) si trova a scrivere frasi che noi sentiamo ancora più forti e più vere oggi. Lavorare solo quello stretto necessario per potersi comprare quei beni indispensabili ( perché il lavoro non serve ad altro). Camminare nei boschi per trovare se stessi. Vivere ancestralmente. Solo vivere. Perché la natura ci da' solo cose buone. Sono le creazioni umane che ci fanno sempre soffrire. Impazziamo quando ci si rompe qualche elettrodomestico. Diamo di matto quando rimaniamo intasati nel traffico. Piagnucoliamo perché non ci possiamo permettere l'ultimo modello di televisore al plasma. Ci sentiamo esclusi perché non abbiamo i soldi per andare nei locali più 'in'. Ma noi siamo e sempre saremo parte della natura e non saremo mai esclusi dalla bellezza del mondo, che è gratis ed é li, unica vera realtà che ti fa sentire in pace e felici senza se nè ma. "È solo quando ci siamo completamente perduti.. Che apprezziamo la vastità e la singolarità della Natura...Solo quando ci siamo perduti -in altre parole, solo quando abbiamo perduto il mondo- cominciamo a trovare noi stessi, e a capire dove siamo, e l'infinita ampiezza delle nostre relazioni."


  • Gusto: sa di pane fatto nel forno a legna, di carote crude, di pomodori addentati appena raccolti. Sa di genuino e di semplice. Sa di cibo senza condimento, assaporato puro senza abbinamenti: perché a volte è bello mangiare anche solo pane.
  • Olfatto: odora di selvatico, di foresta e di sottobosco, di legna e di fuoco, di pioggia e di neve.
  • Tatto: è come mettere i piedi nell'acqua fresca del lago Walden, rugoso come corteccia, duro come la terra non dissodata.
  • Vista: è come il verde smeraldo del fondo del più profondo dei laghi;è come aghi di pino; stilla dalla ferita inferta ad un albero come dolce resina.
  • Suono: Sigur Ròs e il rumore del vento tra gli alberi.

lunedì 8 ottobre 2012

Tenera è la notte

 
Titolo: Tenera è la notte
Autore: Francis Scott Fitzgerald
Casa Editrice: Einaudi
Pag 384


Per chi: innamorato cronico dell’amore ne ha però già scoperto tutti i rimorsi e i rimpianti


“Si scrive di cicatrici guarite, un parallelo comodo della patologia della pelle, ma non esiste una cosa simile nella vita di un individuo. Vi sono ferite aperte, a volte ridotte alle dimensioni di una punta di spillo, ma sempre ferite. I segni della sofferenza sono confrontabili piuttosto con la perdita di un dito o della vista di un occhio. Possiamo non perderli neanche per un minuto all’anno, ma se li perdessimo non ci sarebbe niente da fare.”

Dall’esterno tutto appare molto diverso da quello che in realtà é. Gli amori rinchiusi nel proprio cuore da tanto tempo, le invidie e le rivalità, la follia sono tutto ciò che si nasconde sotto la patina luccicante del bel mondo dei primi Novecento. Ed è proprio ciò che i giovani occhi di Rosemary tralasciano quando per la prima volta si posano su Dick, Nicole e i loro amici esclusivi e alla moda sulla Costa Azzurra. Dick e Nicole, una coppia così affiatata da meritarsi il nomignolo di ‘Dicole’, ma che in realtà nasconde molte angosce sotto una presunta perfezione. In seguito sono, invece, gli occhi di Dick che rimpiangono quel tenero amore nato tra lui e Rosemary sfumato a causa del proprio senso di responsabilità nei confronti di Nicole. Ed infine lo sguardo di Nicole che mette a fuoco Dick sotto un’altra luce e lo odia, odiando con lui tutti ‘quei luoghi dove aveva fatto il pianeta intorno al sole di Dick’. Tutti sguardi fallati e falsati dalle proprie ossessioni, celate sotto una luce di sanità.



Il titolo è tratto da un passo de 'l'Ode a un usignolo' di Keats che già racchiude la dolcezza e la labirintica follia della trama: "Tenera è la notte / ... / ma qui non c'è luce, / tranne quella che dal cielo è con le brezze soffiata / attraverso oscurità verdeggianti e tortuosi sentieri muschiosi".
  • Gusto: ha il sapore di grandi pranzi con piatti incredibilmente bene presentati, ma , chissà se forse è perché abbiamo un taglietto in bocca o se forse davvero non hanno alcun sapore perche infondo l’unico gusto che sentiamo per tutta la favolosa cena è il sapore metallico del sangue.
  • Olfatto: odora di macchia mediterranea, di lozioni abbronzanti, ma anche di disinfettante e di zucchero a velo
  • Tatto: è setosa e appiccicaticcia come il nylon
  • Vista: le ville dei primi del Novecento in pieno stile liberty, di un bianco puro che nel tempo ingiallisce
  • Suono: scricchiola come un vecchio parquet al nostro passaggio, suona come il charleston ballato a Hollywood, perfora come una goccia che stilla da un rubinetto rotto

Norwegian Wood, Tokyo Blues


Titolo: Norwegian Wood, Tokyo Blues
Autore: Haruki Murakami
Casa Editrice: Einaudi
Pag.374


Per chi: dalla morte vuole imparare a vivere. “ Perchè la morte non è l’opposto della vita, ma una sua parte integrante”.

“ Come mai a te piacciono sempre persone così ?- disse Naoko. -Abbiamo tutti qualcosa di squilibrato, qualcosa che non funziona, tutte persone che non sanno nuotare come si deve e che vanno sempre più fondo. Siamo tutti così, in un modo o nell’altro: io, Kizuki, Reiko. Come mai non ti piacciono persone piu normali?
-Non penso che sia così, dissi dopo aver riflettuto un momento. -per me non avete proprio niente di squilibrato, né tu né Kizuki, nè Reiko. Le persone che sembrano squilibrate a me sono tutte quelle che vanno in giro per il mondo senza nessun problema. ”

Torū vive in una spirale di amore e morte: un diciassettenne che vive agli inizi degli anni ‘70 in Giappone, un periodo di grandi tumulti e rivoluzioni sociali, ma egli è sempre distante da tutti gli altri personaggi, come se non potesse essere attivamente coinvolto negli avvenimenti che accadono intorno a lui. Il suo amore subisce e mai intacca il corso delle cose. È un’idiota Dostoevskijano, un ’ giovane Holden’, un David Copperfield: di buoni sentimenti, ma incapace di agire concretamente. Prendendo le cose sempre troppo seriamente, ogni volta si sente perso in un labirinto di opzioni. Infatti “prendere le cose sul serio non sempre significa avvicinarsi alla realtà”: ogni cosa, per quanto uno si arrovelli, alla fine, prende il suo corso ed é a questo corso delle cose, tanto caro all’autore, che bisogna perciò abbandonarsi. Perché sono la vita e la morte che scelgono per noi.

  • Gusto: ha il sapore amaro e acido delle bacche di umeboshi, e il gusto che si ha in bocca al mattino dopo una notte di bevute
  • Olfatto: odora di stantio, come di una camera chiusa per tanto tempo, o di una sigaretta fumata nel freddo di un bosco
  • Tatto: è una corda ruvida su di una pelle vellutata. Caldo e pungente come un maglione di lana infeltrito, duro e fine come stupendi fiocchi di neve. Intimo come un paio di mutandine di pizzo sporche.
  • Vista: è una foresta che attornia un manicomio, un collegio maschile con regole severe, love hotel tristi e solitari dove ci si scambia amore senza vero amore.
  • Suono: ha una colonna sonora pop anni ’70 che stride con la tristezza e l’intimità degli accadimenti. Rolling Stones e Cream, Blood, Sweat and Tears e ovviamente i Beatles.

domenica 7 ottobre 2012

Kafka sulla spiaggia



Titolo: Kafka sulla spiaggia
Autore: Haruki Murakami
Casa Editrice: Einaudi
Pagine: 514


Per chi: si vuole sentire come in un sogno
"-Immagina un uccello posato su un ramo sottile -dice- il ramo ondeggia al vento che soffia forte. E il campo visivo dell’uccello che è li sopra che ondeggia insieme al ramo. Mi segui?
Annuisco.
 - Come pensi che possa fare,quell’uccello,a stabilizzare il suo campo visivo?
 Scuoto la testa. -Non lo so.
 -Muove anche lui la testa su e giù cercando di sincronizzarsi con l’ondeggiare del ramo. Prova, in un giorno di vento forte, a osservare bene gli uccelli. Io li vedo spesso, da questa finestra. Non pensi che debba essere terribilmente stancante una vita così ? Sempre ad agitare la testa cercando di adattarsi all'ondeggiare del ramo su cui si è posati?
 -Si, lo penso.
 -Ma gli uccelli ci sono abituati. Per loro è una cosa molto naturale che riescono a fare senza nemmeno esserne consapevoli. Perciò non si stancano quanto noi potremmo immaginare. Però io sono un essere umano, quindi a volte mi prende la stanchezza.
-Anche lei è ferma su qualche ramo?
 -In un certo senso,-risponde.-E a volte il vento è molto forte."

Kafka e Nakata,un ragazzo e un vecchio vivono due mondi che sconfinano nel sogno. Per tutto il libro la normalità e la paranormalità convivono armonicamente nello stesso mondo. Il nostro. Fatidica all’inizio del libro è la frase:“ anche gli incontri casuali seguono le vie del destino” e più avanti, citata da Yeats “in Dreams begin responsabilities”. Un percorso di formazione e una ricongiunzione col passato si mescolano in una storia a cui non vanno chieste spiegazioni. “Non è che qui buttiamo via qualcosa, semplicemente lo assorbiamo dentro di noi” .
  • Gusto: i sapori sono quelli di una cucina giapponese che si mescola a qualcosa di tipicamente americano. Sa di whisky e zenzero fresco, con uova strapazzate.
  • Olfatto: odora di pioggia, di boschi e di salsedine.
  • Tatto: nelle mani scorre come granelli di sabbia dentro una clessidra, o come dentro al proprio pugno: una volta caduti i granelli non torneranno mai più indietro.
  • Vista: le montagne boscose del Giappone e le biblioteche abitate da fantasmi
  • Suono: ha il suono di Schubert e Beethoven, John Coltrane e Prince

Eccoci qui....



Ed eccoci qui, come tanti, a scrivere di libri e di lettura… 
Con tutti i blog che ci sono in giro, vi chiederete giustamente cos'ha fatto venire voglia a qualcuno di mettersi a scrivere recensioni “ non certificate” nell'etere… 
Beh…perché ci piace leggere, ne andiamo proprio matte, e questa sarà la nostra, e speriamo di tanti altri, libreria virtuale, dove poter condividere emozioni e storie, e sostituire un po’ la figura ormai rara del libraio che, da vero appassionato, ti indirizzava con i suoi saggi consigli. Il libraio in libreria, un mago in una stanza enorme piena di storie, persone, paesaggi, emozioni, che con la bacchetta tira fuori dallo scaffale ciò che fa per te. 
Perché ogni libro è vivo e racchiude in se’ un mondo intenso, frutto di esperienze di qualcuno. E noi, una volta venuti a conoscenza dei suoi segreti, abbiamo il potere di diffonderli o di bloccarli per sempre in fondo a un cassetto.
Leggendo si sperimentano nuove possibilità : così ci capita di essere di un altro sesso, di un altra razza, di un altra specie. Ci capita di poter vivere la vita di chi noi nella realtà non capiamo. Leggere è fare cose di cui abbiamo paura, cose che non faremmo mai, superare i limiti. Leggere è diventare assassini, amanti, cospiratori, inventori, viaggiatori, cuochi, drogati, artisti… tutto! Leggere è entrare in un universo parallelo e, se il libro è valido, dopo l’epilogo saremo cambiati.
Perché nella vita reale ci si porta dietro tutto ciò che si ha sperimentato durante il libro, si capiscono i propri sbagli. 
Forse la cosa che si avvicina di più al leggere è viaggiare, perché si ricomincia da capo tirando fuori lati di se’ che non avevamo mai sperimentato. 
Apre la mente come il confronto con nuove culture.
Ogni libro è un viaggio, e ogni viaggio un’esperienza, ed un libro letto a 20 anni e riletto a 30 vale doppio…sono due viaggi con se stessi e con i propri pensieri. 
E dev’essere sempre a disposizione per poterlo toccare di nuovo, riaprire,e rileggerne i punti salienti. 
Niente da dire a chi usa il tablet… ma per quanto ci riguarda noi un libro lo dobbiamo “sentire”, sì, proprio con i 5 sensi del corpo.
La prima cosa da fare prima di iniziare un libro è infatti aprirlo ed annusarne le pagine. Come in una storia d’amore l’olfatto è parte integrante della relazione.
La possessione e la gelosia fanno parte del meccanismo: prendere un libro in prestito dalla biblioteca non è contemplabile!
Non è molto sostenibile come atteggiamento…però all'amore non si comanda.
E se capita di prenderne qualcuno in prestito, dopo averlo letto si sente l’ irrefrenabile necessità di averne una copia propria! Perché fondamentale è sottolineare, scarabocchiare e scrivere le idee che pagina per pagina il libro ispira. E questa è l’apoteosi perché  quando si risfogliano si possono notare i propri cambiamenti di mentalità  nei mesi e negli anni passati.
C’è gente che i libri non li vorrebbe prestare, dicono che non vogliono che si rovinino. Ma a me piace che siano rovinati, malridotti, sgualciti, sporchi di te’ o di lacrime e nutella. Io per prima mi sento in dovere di tatuarli con i miei avvenimenti.
Perché la lettura e la scrittura sono condivisione, ed è proprio questo ciò che vorremmo fare scrivendo qui.

Le Mille Luci di New York



Titolo: Le mille luci di New York
Autore: Jay McInerey
Casa Editrice: Bompiani
Finito di leggere: 19/09/2012
Pagine: 153

Per chi: ama New York e a volte non riesce a comprendere le reazioni degli uomini


“Avevi descritto quella sensazione di essere fuori posto, di vedersi sempre dal di fuori, di guardarsi vivere nel mondo pur vivendo nel mondo, di non sapere se anche gli altri si sentissero così.
Le avevi detto di aver sempre pensato che gli altri avessero le idee più chiare su quello che stavano facendo, che non si preoccupassero tanto del perché lo facevano”


New York, anni ’80, una discoteca, musica, luci, casino…ed un ragazzo che lì proprio non vorrebbe essere, ma solo con il rumore riesce a non sentire se stesso.
Dopo l'abbandono della moglie si rifugia in una vita da locali notturni della New York degli anni 90,con serate alcoliche e cocaina, per finire nei guai anche al lavoro.

 “Le mille luci di New York” è un libro breve ma molto intenso.

Le emozioni ti pungono come uno spillo, senza far troppo male ma arrivando al punto, lasciando un leggero e quasi piacevole velo di dolore.
Il protagonista non ha nome e per l’intera durata del racconto lo scrittore si rivolge al lettore con la seconda persona singolare: Tu!

Così chi legge si sente tirato in causa, totalmente dentro il libro, e non essendoci mai un soggetto determinato, un “io”, il lettore diventa protagonista assoluto.
A volte questo “tu” lo vorresti insultare, prendere a sberle, calci, dirgli di reagire e svegliarsi cazzo!

E sembra che il senso sia tutto lì…l’incapacità di reazione ed il tipico atteggiamento di chi scappa per non affrontare le situazioni.

Invece dietro c’è molto di più perché la paralisi davanti al dolore, il nascondersi dalla realtà sfuggendo e drogandosi, una grande paura della solitudine, nascondono in realtà emozioni profonde, radicate.

Così questo libro sotto un primo strato di protezione, come  è per il protagonista stesso, ti  porta a riflettere su temi fondamentali come vita, morte, ed il significato e  ruolo, anche se un po’ svarionato a volte, degli amici.
E capisci che solo lasciando fluire le tue emozioni sarai davvero libero, ed il dolore sarà solo parte di un tutto che ti definisce, ti costruisce, ti fa essere chi sei, felicemente perché in contatto con te stesso.

  • Gusto: un bel kebab supermaialoso di un carretto per strada
  • Musica: Depeche Mode 
  • Tatto: una coperta di lana, oer setirsi protetti nei momenti di solitudine
  • Vista: una coppia  imbacuccata che passeggia per New York
  • Olfatto: il profumo della gente, di tutto il mondo, che cammina per strada, mescolato con odori di cibo, macchine, polvere, taxi vecchi e ammuffiti. Beh forse questo è l’odore di New York….