martedì 29 gennaio 2013

Jakob Von Gunten







Titolo: Jacob von Gunten
Autore: Robert Walser
Gli Adelphi 1970
Pag 168

Per chi: vuol seguire un filo sottile di "chiacchiere" che portano a "quotidiane verità", un pensiero inconscio, spirito senza materia,e la follia e la ribellione chiuse a chiave dal proprio io.

"Chi presume molto di sé è sempre esposto allo scoraggiamento, alle umiliazioni, perché sempre l'uomo che ha coscienza di sè si scontra con qualcosa di ostile alla coscienza. E tuttavia non si può affatto dire di noi allievi che siamo privi di dignità, ma si tratta di una piccola dignità estremamente manovrabile, pieghevole, duttile; tanto è vero che l'indossiamo e la smettiamo a seconda dei casi. Siamo prodotti di una civiltà superiore, oppure siamo figli di natura? Anche a questo non saprei dare  risposta. Una cosa sola so di preciso: noi aspettiamo! Questo è il nostro valore. Sì, aspettiamo e nello stesso tempo tendiamo l'orecchio verso la vita, verso quella pianura che si chiama mondo, verso il mare con le sue tempeste."

Robert Walser dà vita a Jacob: l'ultimo dei romantici, giovinetto del '800 che racconta i suoi giorni all'istituto scolastico Benjamenta, dove si apprende l'arte del servire. Ma l'istituto non propone veri insegnamenti (non ci sono insegnanti e i precetti sono sempre gli stessi ripetuti all'infinito): non ci si propone di insegnare agli alunni di vivere nel mondo, ma apparirne, ai margini, senza esser visti. 
Il servire viene inculcato, non attraverso le tecniche del galateo e delle varie forme di educazione, bensi' attraverso gli stessi comportamenti tra gli inquilini dell'istituto: la psicologia del perfetto servitore e' quella di non aver pensieri, o perlomeno del tenerli ben celati; non rispondere; godere dell'esser maltrattati ecc.ecc.
"Gli ultimi verranno primi" sembra pero' rieccheggiare nell'animo del buon Jacob, che e' si' ribelle e troppo intelligente per fare il servitore (ce l ha nel suo sangue di nobile), ma sempre tendente verso la bonta', perlomeno esteriore, mentre dentro ridacchia del suo vero io trattenuto.

Jacob sogna ad occhi aperti e con una penna in mano. Egli chiacchiera nelle sue pagine con sè stesso e con tutti i protagonisti del romanzo/diario: i due Benjamenta, i compagni, il fratello, ma ci parla anche di una sua ipotetica vita con Napoleone, di condottieri ed artisti.


Al di fuori delle mura dell'istituto vi e' la vita vera, un mondo che attende e il futuro che stimola a pensare in grande e ad aspettare sospirando epiche imprese. Ma qui, all'istituto e all'interno di Jacob,non v'e' tempo. Qui regna un autoimposto e prudente desiderio di modestia (senza aspirazioni non si può che godere delle piccole cose che mai ci deluderanno). E la costrizione è la chiave con cui si può assaporare tutto l'esperibile in una maniera più dolce, più forte e più viva.

Un alone di mistero ricopre ogni cosa: qual'e' il segreto che si cela dietro alla facciata a modo della scuola?c'e' una sensazione di ignoto, di spinta a ricercare una soluzione che non verra' mai perche' e' lo stile stesso di Walser quello di spingere al sospetto e al dubbio, al vedere aldila' della forma. Tanto che chi ha recensito questo libro ha commentato che cercando di scoprire questa "mistificazione" si scopre lo stesso stile di Walser (non dimentichiamo che Walser stesso e' stato servitore, ed egli stesso si e' sempre voluto definito uno zero).

La concezione ipocrita della nuova realta' dei primi '900 che vuol liberare dalla servitu' e dalla schiavitu', mentre invece si diventa tutti schiavi e servi nella rivoluzione industriale, vede qui dunque, un personaggio che con acume si vede libero nella condizione di servo: libero dalla costrizione di diventare un finto qualcuno.

Elogio alla modestia e inno del lasciare agli altri il primato su tutto mentre, obbedienti, si gode delle piccolezze di un anonimato che non puó deludere. E' un concetto zen quello che rivedo nelle pagine di questo libro: "Ecco come bisogna essere! Bisogna essere come l'acqua. Niente ostacoli - essa scorre. Trova una diga, allora si ferma. La diga si spezza, scorre di nuovo. In un recipiente quadrato, è quadrata. In uno tondo, è rotonda. Ecco perché è più indispensabile di ogni altra cosa. Niente esiste al mondo più adattabile dell'acqua. E tuttavia quando cade sul suolo, persistendo, niente può essere più forte di lei" (Lao Tsu)

L'importante e' stare in basso, anche mendicare va bene.. e' una vita d'asceta, quella sognata qui, ma con tutti i crismi della ribellione adolescenziale. Servire gli altri rende degni e  stimabili, mentre ascendere verso il successo verso la ricchezza sono sogni apprezzabili nelle teorie ma pieni di corruzione nella pratica e quindi da tralasciare. 

Forse non avrete capito nulla della recensione, forse non capirete nulla nemmeno del romanzo, ma non sempre l'importante è capire, raggiungere uno scopo o, in questo caso un finale: a volte il bello è riflettere, senza scopi.


  • Gusto: non ha sapore come lo spirito senza forma
  • Tatto: dolorose bacchettate sulle nocche, il bruciore che lo sguardo degli altri provoca sulla pelle
  • Vista: teche di legno massiccio in cui si trovano catalogati ed etichettati tutti gli esemplari esistenti al mondo di animali,vegetali, minerali, ed oggetti creati dall'uomo. Teche alte fino al soffitto dove si trova tutto l'esperibile, ma chiuse a chiave.
  • Olfatto: sa di medicine e del tipico odore della mensa, di divise inamidate
  • Suono: i cori degli studenti del Benjamenta, ritmati e precisi come rulli di tamburo.


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